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Visita guidata al Mumat

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Una serata-racconto dedicata alle lotte sindacali per il lavoro tra le fabbriche tessili di inizio Novecento e i cantieri per la costruzione della ferrovia Direttissima. È l’appuntamento organizzato dalla Fondazione CDSE e dal Comune di Vernio in occasione delle celebrazioni per la Festa del Lavoratori per venerdì 2 maggio alle 21 al Mumat. Un incontro con testimonianze e immagini storiche dall'archivio della Fondazione CDSE con le storiche Luisa Ciardi e Annalisa Marchi.

Un percorso sul cammino delle lotte e proteste sindacali per ottenere migliori condizioni lavorative e diritti negli opifici tessili valbisentini, scioperi che duravano mesi e mesi, con arresti e repressioni già prima della Grande Guerra. Poi il periodo del biennio rosso (1919-1920), con l'ascesa della classe operaia e l'occupazione delle fabbriche, con l'ottenimento delle 8 ore lavorative che fece sperare, invano, prima delle violenze fasciste.

Di pari passo anche il racconto di cosa cambiò per Vernio e la sua comunità con l’inizio dei lavori della Direttissima, con le manifestazioni del primo dopoguerra e l'occupazione dei cantieri del 1919-20. L'inaugurazione della Direttissima nel 1934 come opera del regime fu celebrata con grande sfarzo. Solo una decina di anni più tardi il passaggio del fronte e le distruzioni della guerra, porteranno altri lavoratori sulla ferrovia da ricostruire. Proprio durante la sistemazione della ferrovia, nel marzo 1945, 32 lavoratori rimasero uccisi nel crollo della galleria di Turbola; dieci di loro erano giovani donne di Vernio.

Partecipazione libera, info: info@fondazionecdse.it

28 marzo 1945 VERNIO – GALLERIA DI TURBOLA

Dopo la Liberazione, dal settembre 1944, i soldati del genio Sudafricani di stanza in Val di Bisenzio iniziarono a reclutare gente del posto per i lavori di ripristino del traffico ferroviario: In Turbola a lavorare c’erano sia uomini che donne. Il luogo di ritrovo era alla fabbrica del Cecconi a Le Confina, dove erano accampati alcuni Sudafricani, perché si principiò di lì: si lavorò al viadotto dei 12 archi e al muraglione davanti alla fabbrica del Pucci.

La gente del posto veniva pagata ogni quindicina in Am-Lire e molte ragazze scelsero di lavorare come manovali: il loro compito era quello di portare le cardarelle con la calcina e fare il passamano con i mattoni dentro la galleria in ricostruzione.

Il 28 marzo 1944 era una giornata uggiosa e nella pausa pranzo la squadra di manovali di turno era rimasta sotto la galleria di Turbola per rimanere al coperto. Poco dopo pranzo un boato si udì distintamente in tutta l’Alta Valle del Bisenzio: la volta della galleria era crollata, facendo moltissimi feriti e 32 vittime, tra cui genieri sudafricani e 10 giovani donne residenti per lo più a Sant’Ippolito e Sasseta. Le cause del crollo sembrano risiedere nella fretta con cui la galleria era stata disarmata e dalla scarsa qualità dei mattoni impiegati per la costruzione. Al momento del crollo tutti i lavoratori degli altri cantieri della zona accorsero alla galleria di Turbola, per questo i soccorsi furono rapidi e molti feriti poterono essere salvati da sotto le macerie.

Fu una tragedia vissuta e partecipata da tutto il paese: molte donne lavorarono tutta la notte prima dei funerali per confezionare i vestiti alle ragazze morte nel crollo che non ne avevano.

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Ultimo aggiornamento: 30-04-2025, 12:23