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Care cittadine, cari cittadini,
oggi non celebriamo solo una ricorrenza: oggi celebriamo un fondamento.
Sono passati ottant’anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ma quella stagione è ancora viva, ancora urgente, ancora necessaria. Il 25 aprile non è un rito da ripetere, è un richiamo. A chi siamo stati, a chi vogliamo essere.
Fu una Liberazione conquistata con il coraggio, con la paura, con la fame, con la speranza.
Fu una Liberazione fatta anche da donne, troppe volte dimenticate.
Come Lidia Menapace, partigiana, staffetta, poi senatrice, che diceva:
“Non c’è un giorno in cui non si debba scegliere da che parte stare.”
E la parte giusta, ieri come oggi, è quella della libertà, della dignità, dell’uguaglianza.
Fu una Liberazione che ci ha lasciato un’eredità da custodire: la Costituzione.
Come scriveva Piero Calamandrei:
“Dietro ogni articolo della Costituzione, o ci sono state battaglie, o ci sono stati morti.”
Quella carta è la nostra mappa. Ci indica la rotta. Ci ricorda che la libertà non si eredita: si difende. Ogni giorno. Con il pensiero, con la voce, con l’azione civile.
Oggi però, questa memoria è sotto attacco. Non apertamente, ma in modo strisciante.
Con il tentativo di riscrivere la storia, di renderla neutra, senza conflitti, senza verità.
Ma noi sappiamo che la Resistenza non è stata neutrale. Non può esserlo. È stata una scelta, una ferita, una speranza.
In queste ore l’Italia e il mondo intero piangono la scomparsa di Papa Francesco.
Un uomo che ha parlato agli ultimi, che ha predicato la pace con voce limpida e cuore instancabile.
Sarebbe naturale, giusto, sentire un senso di lutto collettivo.
Ma non possiamo accettare che questo dolore venga piegato a fini diversi.
Non possiamo accettare che la morte del Papa diventi un pretesto per silenziare, per sminuire, per oscurare questa giornata di libertà.
Papa Francesco, uomo di parola e di pace, avrebbe voluto che questo 25 aprile fosse celebrato con piena dignità, con fermezza, senza ipocrisie.
Chi prova a usare la sua morte per limitare la memoria della Resistenza, tradisce entrambi.
Tradisce Francesco. E tradisce l’Italia che il 25 aprile è rinata.
Viviamo tempi inquieti. Le bombe non cadono solo lontano. Le guerre si combattono anche qui, nella cultura, nei diritti, nelle disuguaglianze economiche.
Ucraina, Palestina, territori devastati dalla violenza, dal cinismo geopolitico, da innocenti sacrificati in nome del potere.
Ma anche guerre quotidiane: guerre contro l’istruzione, contro il lavoro dignitoso, contro l’inclusione.
Le guerre del Novecento dovevano insegnarci qualcosa. E invece, troppo spesso, continuiamo a sbagliare.
Continuiamo a tacere, a voltare lo sguardo, a pensare che “non ci riguardi”.
Ecco perché oggi, a ottant’anni da quella liberazione, il nostro compito è resistere di nuovo.
Resistere all’indifferenza, al revisionismo, alla paura.
Resistere per costruire una pace vera, che non sia solo assenza di guerra, ma presenza viva di giustizia.
Ringrazio di cuore l’ANPI, gli Alpini di Vernio, i parroci che ci accompagnano con le loro parole, il coro che oggi dà voce alla memoria collettiva, e tutte le associazioni che si sono unite a questa celebrazione.
Insieme, teniamo viva la fiamma della Resistenza.
Perché, come diceva ancora Lidia Menapace:
“La Resistenza è un’idea che non muore. È un seme che continua a germogliare.”
Viva il 25 aprile. Viva la Resistenza. Viva la libertà.
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Ultimo aggiornamento: 25-04-2025, 10:50